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sabato, 23 Novembre 2024

Nuovi farmaci per l’Hiv: una svolta nella terapia

Negli ultimi decenni, il trattamento dell’Hiv ha compiuto enormi progressi. Se negli anni ’90 i pazienti dovevano prendere diverse pillole al giorno a orari precisi per controllare l’infezione, oggi, la situazione è completamente diversa. Sono, infatti, a disposizione terapie antiretrovirali tradizionali che richiedono una sola somministrazione giornaliera, e che hanno reso l’Hiv un’infezione cronica, con la corretta assunzione, che rende il virus non rilevabile nel sangue.

Inoltre, da un paio di anni esistono farmaci long-acting che offrono protezione per diversi mesi, garantendo un miglioramento della qualità di vita e dell’aderenza terapeutica delle persone con infezione da Hiv. Farmaci che promettono di essere presto disponibili per la stragrande maggioranza delle persone con Hiv, grazie a nuove combinazioni in fase di test. Le ultime novità in merito verranno presentate in occasione della 16esima edizione del congresso Icar (Italian Conference on Aids and Antiviral Research), che si terrà a Roma presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore dal 19 al 21 giugno.

Siamo a una svolta nella terapia per l’Hiv. Già con i nuovi farmaci, disponibili da circa due anni, abbiamo potuto allungare la periodicità della somministrazione a 8 settimane per la terapia iniettiva intramuscolo e a sei mesi per la via sottocutanea”, ha sottolineato Antonio Di Biagio, professore associato di Malattie infettive dell’Università di Genova, tra i presidenti di Icar 2024.

L’unico grande ostacolo dei nuovi farmaci a lunga durata, che rappresentano il traguardo più recente raggiunto dalla ricerca, è rappresentato da resistenze preesistenti ai farmaci, che in circa la metà dei casi impediscono ai pazienti di accedere a questi trattamenti. Problema che verrà in parte superato nei prossimi anni, perché sono in arrivo nuove combinazioni e molecole di farmaci long-acting, attualmente in fase di sperimentazione.

Con i nuovi farmaci, i cui studi sono in fase 2 e 3, che in Italia probabilmente saranno disponibili dal 2025, la stragrande maggioranza dei pazienti potrà fruire di trattamenti a rilascio prolungato, con benefici per l’aderenza terapeutica, per la qualità della vita, per la lotta allo stigma, visto che si tratta di una terapia che impatta pochissimo sulla quotidianità, garantisce efficacia a lungo termine e bassa tossicità”, ha aggiunto Di Biagio.

Secondo gli esperti una migliore aderenza terapeutica aiuterà a ridurre la circolazione del virus nella popolazione, con una conseguente riduzione dei nuovi contagi, già in calo in Italia negli ultimi anni.

Il calo dei contagi è dovuto all’efficacia dei farmaci, e quindi al fatto che chi è infetto non trasmette il virus ai propri partner sessuali, e al fatto che la PrEp, o profilassi pre-esposizione, sia disponibile e rimborsabile”, ha sottolineato Cristina Mussini, ordinaria di malattie infettive dell’Università di Modena e Reggio Emilia e direttrice della clinica di malattie infettive del policlinico di Modena, che al congresso Icas presenterà una relazione dedicata alle più recenti strategie di trattamento dell’Hiv.

In questo senso, è interessante che anche i farmaci long acting possono essere utilizzati per la PrEp. Uno, il cabotegravir, è efficace per due mesi, ed è già utilizzabile ma ancora non rimborsato. Il lenacapavir, con la sua durata che arriva a sei mesi, sarebbe forse anche più efficace in termini di aderenza terapeutica, che nella PrEp è ancora più importante, ma per ora è ancora in fase di studio per questo utilizzo”, ha concluso.

Le sfide poste dall’Hiv si stanno rinnovando. “La popolazione affetta dal virus invecchia come la popolazione generale grazie all’efficacia delle terapie, ma d’altro canto aumentano le comorbidità e le possibili interazioni farmacologiche”, ha riferito Roberto Parrella, presidente Simit.

Oggi abbiamo strumenti di prevenzione come la PrEP, mentre la terapia antiretrovirale permette alle persone con Hiv di avere una qualità di vita simile alla popolazione generale”. Tuttavia, ha concluso l’esperto, “l’infezione è ancora presente e minacciosa e come tale deve essere considerata. Per questo, è necessario rilanciare campagne di informazione corrette e sempre più aggiornate“.

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