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lunedì, 6 Maggio 2024

Telecomunicazioni in crisi: cause e conseguenze

Telecomunicazioni in crisi: cause e conseguenze. Un’analisi della situazione attuale del settore delle telecomunicazioni in Italia e delle sue ripercussioni sul piano economico e sociale.

Dumping, outsourcing e debiti: i fattori della crisi

Disastro TLC. Tra dumping, “spezzatini” e outsourcing, depauperazione infrastrutturale e tecnologica e abbattimento dei salari, le aziende del settore delle telecomunicazioni, in Italia, sono in crisi profonda. Quasi tutte in perdita, soprattutto a fronte di investimenti molto onerosi: Vodafone chiede una riduzione dei costi pari al taglio di circa 1.000 dipendenti, WindTre cede una parte della sua infrastruttura a un fondo svedese, Tim, su cui pesa una scure debitoria di 23 miliardi di euro, punta a separare l’infrastruttura dai servizi, il che innescherebbe un effetto domino sull’occupazione; British Telecom ed Ericsson hanno formalizzato, anche loro, eccedenze.

Sono a rischio reale oltre 20mila posti di lavoro diretti nel solo perimetro delle Telco, senza calcolare gli effetti nell’intero sistema degli appalti del settore, per quanto riguarda l’impiantistica, la manutenzione, l’installazione delle reti sia fisse che mobili e il settore dell’assistenza clienti.

La protesta sindacale: “Riprendiamoci il futuro”

E’ questa “l’immagine del disastro: aziende che trascorrono le giornate a ridurre i perimetri occupazionali e a far scempio di diritti e salari” denuncia Riccardo Saccone, segretario nazionale Slc Cgil, in occasione del primo sciopero nazionale del settore TLC indetto dai sindacati martedì 6 giugno. Un vero successo, con punte di adesione all’80%, in un mese che sarà di fuoco sul fronte della protesta sindacale, visti tutti gli scioperi in programma a giugno. Un blocco trasversale ai comparti rete, telco e customer, dove migliaia di lavoratori di tutta Italia sono scesi in piazza Santi Apostoli a Roma, con lo slogan di “Ripren La soluzione: un nuovo modello economico e industriale diamoci il futuro”.

La soluzione: un nuovo modello economico e industriale
Il settore delle telecomunicazioni è arrivato a un bivio drammatico, attaccano i sindacati. Il modello economico adottato dai governi di tutti i colori che si sono succeduti ha prodotto, negli ultimi 20 anni, dinamiche “completamente sbagliate”. “Una volta le telecomunicazioni erano sinonimo di modernità, invece oggi il comparto è stato sfruttato dalla finanza che – spiega il segretario Slc Cgil – ha trattato le nostre aziende come dei bancomat, ossia luoghi da depredare”.

Le telecomunicazioni, in tutti i Paesi tecnologicamente avanzati, sono uno dei pochi comparti ancora in grado di coniugare occupazione di qualità, nonostante la fase di grande difficoltà che tutto il continente attraversa. Invece in Italia il mercato brucia oltre 1 miliardo di ricavi l’anno, con un lento e inesorabile stillicidio occupazionale, che negli ultimi 10 anni ha praticamente dimezzato la forza lavoro dei maggiori gestori italiani.

Sul versante occupazionale il settore è stato caratterizzato negli ultimi 15 anni dal continuo ricorso ad ammortizzatori sociali, esodi incentivati, tagli nella contrattazione aziendale, perdite di professionalità importanti e blocco pressoché totale del ricambio generazionale.

Ora la situazione è ancora più critica, perché la nuova ricetta messa in campo dalle principali Telco rischia di trasformarsi in una bomba sociale. L’”escamotage” pensato per gestire gli effetti di un mercato deregolamentato è dividere l’industria – le infrastrutture di rete – dai servizi. Una impostazione che i sindacati bollano come “miope” perché impoverirà ancor di più il settore, trasformando aziende leader del comparto TLC a meri rivenditori di servizi, i cui azionisti di riferimento, per di più, non sono neanche italiani.

La soluzione proposta dai sindacati è quella di un nuovo modello economico e industriale che valorizzi le competenze e le professionalità dei lavoratori del settore, che investa sulle infrastrutture e sulla qualità dei servizi, che garantisca la concorrenza leale e la tutela dei consumatori. Un modello che richiede il coinvolgimento delle istituzioni e delle forze politiche, ma anche la partecipazione attiva dei cittadini e degli utenti.

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