Trieste, Unabomber. Due parole che evocano paura, mistero e, adesso, anche rassegnazione. Dopo vent’anni di attese, indagini e udienze rinviate, il sipario si chiude su buona parte dei reati legati agli attentati del 2005: prescrizione scattata, fine della corsa. Il risultato? Niente colpevoli, niente giustizia e, per le vittime, neppure un centesimo di risarcimento.
L’ultima speranza rimane per un infermiere di Mestre, ferito nell’attentato del 6 maggio 2006 a Porto Santa Margherita, a Caorle. Il tempo, però, non è un alleato: se entro il 6 maggio 2026 non si arriverà a una sentenza, anche il suo caso finirà nel nulla.
Un colpo di spugna lungo vent’anni
Le regole sono chiare: dopo vent’anni, i reati si estinguono. E così, con il rinvio al 15 settembre dell’ennesima udienza, il 2025 ha segnato la fine delle indagini sugli attentati del 2005. Tra questi, anche quello del 9 luglio, l’ultimo di quell’anno, che ora non esiste più nemmeno a livello giuridico. Un assaggio di ciò che potrebbe accadere nel 2026 anche per l’attentato di Caorle.
Vittime dimenticate, colpevole mai trovato
Il caso Unabomber, con i suoi 29 attentati, è un simbolo dell’impotenza della giustizia di fronte al tempo che passa. Chi ha pagato per quegli ordigni esplosi tra il Friuli e il Veneto? Nessuno. E chi pagherà le vittime? Neanche un euro, visto che senza una condanna non si può pretendere un risarcimento.
Si attende ancora la perizia
L’unico barlume di speranza è nelle mani dei periti: Giampietro Lago, ex comandante del RIS di Parma, ed Elena Pilli, esperta nel caso Yara Gambirasio. Entro il 24 maggio, dovranno consegnare la loro relazione su alcuni reperti, tra cui capelli che potrebbero finalmente fornire una traccia dell’autore degli attentati.
Un epilogo amaro per una vicenda che, tra misteri, silenzi e colpi di scena, rischia di finire come un giallo senza soluzione.
