Suicidi in carcere continuano a essere una triste realtà nelle prigioni italiane. L’ultimo caso si è verificato nella Casa Circondariale di Como, dove un detenuto palestinese si è tolto la vita, segnando il 32esimo caso simile dall’inizio dell’anno. Questa sequenza tragica di eventi rilancia interrogativi sulla salute mentale e la sicurezza all’interno delle strutture detentive italiane.
Situazione carceraria e reazioni istituzionali
Gennarino De Fazio, Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria, ha espresso profondo disagio per la situazione, descrivendo il sistema carcerario italiano come un teatro di emergenze prolungate e criticità non risolte. Il detenuto, già noto per un tentativo di evasione lo scorso settembre, non ha trovato nella detenzione il supporto necessario per superare i suoi problemi, culminando in un tragico epilogo.
Le condizioni nelle carceri
Il ricorso a metodi estremi come il suicidio mette in luce le lacune strutturali e organizzative all’interno delle carceri. I fornelli da campeggio, simbolo di un sistema penale obsoleto, rappresentano solo la punta dell’iceberg di una crisi più ampia che include sovraffollamento, carenze di personale e mancanza di servizi di base.
Misure urgenti richieste
L’analisi di De Fazio non è solo una critica, ma un appello accorato per un intervento immediato. Un decreto carceri, la deflazione della densità detentiva, il potenziamento della Polizia Penitenziaria e l’efficientamento dei servizi sanitari sono solo alcune delle misure proposte per prevenire future tragedie.
Nonostante gli annunci e i proclami dei politici, i suicidi in carcere rappresentano una realtà che non può più essere ignorata. Serve un cambio radicale, una reingegnerizzazione dell’intero sistema di esecuzione penale per garantire che le prigioni non diventino luoghi di disperazione irreversibile.