Il Papa ha rivolto un intervento diretto e meditato alla Curia Romana, invitando a una profonda riflessione sul modo di vivere il servizio all’interno delle istituzioni vaticane. Senza toni polemici, ma con parole cariche di significato, il Pontefice ha messo in luce alcune dinamiche che, nel tempo, rischiano di allontanare dallo spirito autentico del lavoro ecclesiale.
Al centro del suo intervento c’è l’amarezza che talvolta nasce quando, dopo anni di dedizione, si constata che certe logiche legate al potere, all’ambizione personale e alla competizione interna faticano a scomparire. Il Papa ha sottolineato come queste atteggiamenti possano minare il clima umano e spirituale della Curia, trasformando il servizio in una corsa al protagonismo.
Il Pontefice ha richiamato l’importanza delle relazioni sincere, fondate sulla fiducia e sul rispetto reciproco. In un contesto complesso come quello della Curia Romana, ha spiegato, è fondamentale poter contare su rapporti autentici, liberi da maschere e secondi fini. Solo così si evita che le persone vengano usate o messe da parte e si valorizzano, invece, le competenze e il contributo di ciascuno.
Il messaggio è chiaro: senza trasparenza e spirito di collaborazione, si rischia di generare frustrazione e rancori, elementi che indeboliscono la missione comune. Al contrario, un ambiente basato sull’amicizia, sulla lealtà e sul riconoscimento reciproco rafforza il senso del servizio e rende più credibile l’azione della Chiesa.
Il richiamo del Papa non è una condanna, ma un invito a cambiare prospettiva. Un’esortazione a riscoprire il valore del lavoro silenzioso, della cooperazione e dell’umiltà, affinché la Curia possa essere davvero uno strumento al servizio della Chiesa e non un luogo di rivalità.

