La migrazione sanitaria in aumento emerge come un fenomeno preoccupante nel panorama della sanità italiana. Nel 2021, il movimento di pazienti da Sud a Nord ha raggiunto un valore impressionante di 4,25 miliardi di euro, evidenziando un incremento del 27% rispetto all’anno precedente.
Questa tendenza riflette le profonde disparità nella qualità dell’assistenza sanitaria tra le regioni italiane. Le regioni più colpite da questa “fuga sanitaria” includono Calabria, Campania, Sicilia, Lazio, Puglia e Abruzzo, mentre l’Emilia-Romagna, la Lombardia e il Veneto attraggono il maggior numero di pazienti da altre regioni.
Il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, sottolinea come la migrazione sanitaria in aumento non sia solo un problema economico ma anche un segno di diseguaglianze strutturali all’interno del sistema sanitario nazionale. Le implicazioni di questo fenomeno vanno oltre le questioni finanziarie, toccando aspetti sociali, etici e di diritti umani.
Inoltre, il report Gimbe evidenzia una tendenza preoccupante verso l’utilizzo di strutture private per ricoveri e prestazioni specialistiche. Con oltre la metà del denaro speso in strutture private, la situazione pone domande critiche sulla sostenibilità del settore pubblico sanitario.
La migrazione sanitaria in aumento solleva interrogativi sulla capacità delle strutture pubbliche di fornire servizi di qualità e sulla necessità di un intervento normativo per ridurre il divario tra Nord e Sud Italia. È indispensabile un dialogo aperto e trasparente tra i vari attori del settore per garantire che tutti i cittadini abbiano accesso a cure di qualità, indipendentemente dalla loro regione di residenza.
La migrazione sanitaria in aumento non è solo un indicatore economico, ma un campanello d’allarme per le politiche sanitarie italiane, che richiedono un’urgente revisione per garantire equità e qualità nell’assistenza sanitaria a livello nazionale.
