Ripensare alle regole comunali è diventato improvvisamente il passatempo preferito della politica italiana, dando vita a uno degli episodi più avvincenti (e confusi) dell’anno. In un colpo di scena degno di un dramma shakespeariano, la Lega, con un gesto di straordinaria acrobazia politica, ha accettato l’invito del Governo a ritirare un emendamento che avrebbe riscritto il destino dei ballottaggi nelle elezioni comunali.
Il sipario si apre su una proposta legislativa della Lega, che suggeriva di eliminare il ballottaggio per i sindaci nei comuni con più di 15mila abitanti, a meno che una coalizione non ottenesse almeno il 40% dei voti al primo turno. Una mossa, questa, che ha scatenato le ire di opposizione e comuni, con il coro dell’Anci in prima fila a chiedere di “ripensare le regole comunali” prima di apportare modifiche così radicali.
Il Governo, mostrando una prontezza di riflessi degna dei migliori giocatori di scacchi, ha prontamente chiesto ai senatori del Carroccio di fare un passo indietro. Alberto Balboni, relatore del dl elezioni, ha suggerito di trasformare l’emendamento in un più innocuo ordine del giorno. La Lega, in un gesto di inaspettata docilità, ha accettato, ritirando l’emendamento.
Nel frattempo, Elly Schlein, con il tono indignato di chi si vede negare il diritto di replica a un dibattito acceso, ha denunciato il “blitz della Lega” come uno “sfregio alla democrazia”. Una posizione condivisa dall’Anci, che ha sottolineato l’importanza di “ripensare le regole comunali” in una logica di leale collaborazione tra istituzioni.
Quindi, cosa ci insegna questa vicenda? Che in politica, come nella vita, a volte è necessario fare un passo indietro per poter avanzare. E che “ripensare le regole comunali” potrebbe essere l’inizio di un dialogo costruttivo, piuttosto che di uno scontro. In fondo, come disse un famoso politico (che probabilmente non esiste), “in politica, l’arte del possibile è molto più intrigante dell’arte del probabile”.