Dopo un rallentamento dovuto alla pandemia, i giovani laureati italiani riprendono a trasferirsi all’estero, attratti da stipendi e prospettive migliori. La fuga di cervelli non accenna a fermarsi: il 5,5% dei laureati lavora stabilmente fuori dai confini italiani, e la maggior parte non ha intenzione di tornare. I motivi? Retribuzioni nettamente superiori, maggiore rapidità nell’inserimento lavorativo e possibilità di carriera. Chi lavora all’estero guadagna infatti il 56% in più dopo un anno dalla laurea, cifra che sale a quasi il 60% a cinque anni. Inoltre, i tempi di inserimento lavorativo sono più rapidi per chi emigra, con una media di 5,4 mesi rispetto ai 7,3 in Italia.
Un trend che vede soprattutto i laureati del Nord e quelli con esperienze di studio internazionali scegliere l’Europa, con Regno Unito, Germania e Svizzera tra le mete preferite. Per l’Italia, il fenomeno rappresenta una vera sfida, poiché questi giovani portano con sé un bagaglio di competenze che rischia di impoverire il Paese.