Un tassello decisivo arriva nel caso della sparizione di Vito Mezzalira, l’ex dipendente delle Poste svanito nel nulla nel 2019. Le analisi effettuate sui frammenti ossei trovati nel pozzo della sua abitazione di Sdraussina, nel comune di Sagrado, hanno confermato che quei resti appartengono proprio all’uomo.
A permettere la svolta è stata l’arcata dentale recuperata insieme alle altre ossa, rivelatasi compatibile con quella di Mezzalira. L’identificazione sarà formalizzata con l’autopsia già programmata, che dovrà comunque fare i conti con lo stato compromesso dei reperti, rimasti sepolti per oltre sei anni.
Sul caso gravano ora accuse pesanti nei confronti di tre persone vicine alla vittima: l’ex compagna, il fratellastro della donna e il figlio. Per loro l’ipotesi è di concorso in omicidio, occultamento di cadavere e truffa, dato che avrebbero continuato a riscuotere la pensione dell’uomo anche dopo la scomparsa.
Decisive anche le immagini satellitari, che hanno mostrato come nel 2019 dietro la casa fosse presente un pozzo poi sigillato con una gettata di cemento. Un dettaglio che ha indirizzato gli inquirenti verso la zona in cui è stato rinvenuto il corpo.
La vicenda, rimasta sospesa per anni tra dubbi e sospetti, sembra ora avviata verso una ricostruzione più chiara, mentre gli investigatori attendono i risultati dell’esame autoptico per definire gli ultimi passaggi dell’inchiesta.

