Una pattuglia della Polizia stradale, sottosezione Napoli Nord, sta effettuando un controllo sui veicoli in transito. Sono le 17.20 quando arriva una automobile bianca, a bordo c’è un uomo sui sessanta anni, napoletano. La palina si alza, il conducente accosta. Potrebbe essere un normale accertamento, una formalità: i documenti sono in regola, l’uomo non ha nessun precedente penale e sembra tutto in ordine. Una eccessiva insofferenza e un nervosismo difficile da nascondere, però, insospettiscono gli agenti che decidono di perquisire la vettura. Scoprono, nel baule, un borsone rosso dentro cui erano state nascoste due buste termosaldate piene di quella che ha tutta l’aria di essere sostanza stupefacente. I dubbi li chiarirà successivamente la polizia scientifica: è marijuana, un chilo e trecento grammi. Scattano le manette, dagli accertamenti risulta che l’uomo è disoccupato e quindi, presumibilmente, i suoi unici proventi arrivano dai traffici illeciti. È, in sostanza, un corriere della droga, incaricato di spostare partite di rifornimento dai fornitori alle piazze di spaccio. È stato scelto proprio per la sua fedina penale pulita, è uno di quelli che difficilmente avrebbero destato sospetti nel caso di un controllo. Formalizzato l’arresto, l’uomo viene accompagnato nella casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere in attesa del processo. Non ha un legale, quindi il suo caso viene assegnato d’ufficio agli avvocati Natalina Mastellone e Giuseppe Cipullo del Foro di Santa Maria Capua Vetere. Dietro questo arresto, e dietro il reato per cui l’uomo dovrà scontare una pena, c’è però una storia. Una vicenda di disperazione. Emerge infatti che G. N., oltre a non aver mai avuto a che fare con la Giustizia, non è un semplice “insospettabile”, di quelli abitualmente scelti per custodire armi o spostare droga. È laureato in lingue, per anni si era mosso tra l’Italia e l’estero, dipendente di un’azienda consorziata con uno dei maggiori gruppi di prodotti e servizi informatici. Una decina di anni fa la società per cui lavorava era stata sopraffatta dalla crisi e aveva dovuto tagliare i dipendenti. G. N., dopo venti anni, era stato licenziato e si era trovato, a 50 anni, fuori dal mondo del lavoro: troppo giovane per la pensione, troppo vecchio per sperare di essere assunto altrove. Con un divorzio alle spalle, senza reddito e con due figli adolescenti da mantenere, si era arrangiato sfruttando le sue competenze linguistiche. Aveva lavorato da privato, effettuato consulenze, fatto da interprete, stilato traduzioni per cercare di tirare avanti. Fin quando, poco tempo fa, si era trovato alle strette. Ormai sessantenne, con possibilità lavorative sempre più rare, senza un soldo, con scadenze alle porte e con i figli ormai all’Università. Qualcuno gli aveva fatto la proposta che adesso rischia di rovinargli la vita: portare un pacco dal punto A al punto B, facendo meno domande possibile. E lui aveva finito con il cedere. Continua a leggere sul Mattino Digital