La lettera di un marito che ha perso la moglie dopo l’attentato terroristico
Sebbene la speranza sia l’ultima a morire, in codesta circostanza ne avremo conferma e vi spiegheremo anche il perché.
Si dice che la morte porti via ciò che ci lega a una persona, ma, in realtà, non è così, perché si tratta solo di un distacco terreno, effimero, basato su corrispondenze affettive temporanee e atti d’amore, ma, ciò che, realmente, resta sono l’emotività, il sentimento e l’anima di quella persona a noi cara.
Complicato da spiegare, terribilmente difficile da accettare, ma, così, assurdamente vero e reale e, a dimostrarcelo, sono le parole intrinseche d’amore di Antonine Leiris, un uomo di 34 anni, rimasto vedovo dopo la maledetta strage di Parigi, padre di un bambino di 17 mesi, il quale, rivolgendosi ai terroristi che hanno tolto la vita “all’amore della sua vita”, compie un gesto d’amore esemplare e lo fa mediante un pensiero postato su Facebook.
Una manifestazione di sentimento puro che, nonostante tutto, non comporta odio, ma solo un dolce ricordo della sua amata, Hélène, la donna di cui si innamorò perdutamente più di 12 anni fa.
Ecco le testuali parole riportate sul social network:
<< Avete rubato la vita di una persona eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio neanche saperlo. Voi siete anime morte. Se questo Dio per il quale ciecamente uccidete ci ha fatti a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel Suo cuore. Perciò non vi farò il regalo di odiarvi. Sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Voi vorreste che io avessi paura, che guardassi i miei concittadini con diffidenza, che sacrificassi la mia libertà per la sicurezza; ma la vostra è una battaglia persa. L’ho vista, finalmente, dopo notti e giorni d’attesa. Era bella come quando è uscita quel venerdì sera, bella come quando mi innamorai perdutamente di lei più di 12 anni fa. Ovviamente sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta durata. So che lei accompagnerà i nostri giorni e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai. Siamo rimasti in due, mio figlio e io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno, e per tutta la sua vita questo petit garçon vi farà l’affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il suo odio >>.
Parole commoventi che dovrebbero fungere da insegnamento per tutti coloro che cercano, nell’odio, l’unica possibilità di vendetta e di espiazione, ponendo fine alla sofferenza. Ma, come dimostra Antonine, non è questa la strada giusta de seguire, perché l’odio genera solo odio, come la guerra che miete vittime innocenti e comporta solo ritorsioni, facendo divenire inesistenti i rapporti umani e inducendoci alla totale diffidenza nel prossimo.
Una testimonianza che è sinonimo d’insegnamento, in particolare, per tutti coloro che, ritrovandosi nelle stesse condizioni, hanno provato un sentimento avverso nei confronti dei carnefici, non concependo idee, pensieri ed emozioni che, un tempo, animavano i cuori di coloro che riuscivano ad amare.
Ecco “l’amore dopo la morte”, nonostante vi fosse la speranza che un miracolo accadesse (sebbene non sia stato così). In questa “assurdità”, ritroviamo, ancora, la stessa speranza di poter andare avanti e credere che, in fondo, il mondo possa davvero migliorare e possa dare spazio all’amore (in tutte le sue sfaccettature), denigrando anche il solo minimo pensiero di ostilità, riposto in un astioso sentimento.
Eleonora Boccuni