Dopo gli attentati subiti, l’Unione Europea lancia non solo bombe sulle città che ritiene siano basi dell’Isis, ma lancia una controffensiva che mira ad alzare al massimo il livello di allarme. Si blinda rafforzando i controlli sulla frontiera esterna e schedando dal 2016 i passeggeri dei voli anche intracomunitari. Con l’aumento delle misure di protezione ci sarà più tutela e meno libertà. Libertà di movimento. Un passo indietro, forse necessario data l’attuale situazione in cui navighiamo e, forse evitabile se al posto degli interessi economici e delle alleanze internazionali basate su crimini contro l’umanità e il suo equilibrio si fosse posto come priorità il bene comune. I vincoli incontro ai quali andranno i cittadini europei, riguardano la libertà di circolazione che verrà limitata con rigidi controlli. Ci saranno più uomini nei gabbiotti delle dogane, più computer efficienti e in linea a tempo pieno con un collegamento in tempo reale a Europol e a tutti i posti di frontiera dove avvengono le verifiche elettroniche dei documenti. In sintesi: più code e più attese negli aeroporti, nelle stazioni ferroviarie, sulle autostrade.
In Francia, “l’état d’urgence” consente alle autorità di vietare all’istante la libertà di circolazione, limitare il soggiorno, vietare manifestazioni e autorizzare perquisizioni più facilmente. Il Belgio rafforza i controlli alle frontiere, spedisce 520 militari a pattugliare le strade delle città e userà il braccialetto elettronico per le persone sospette.
Il cambiamento è iniziato. E il conto ci è arrivato. Come sempre siamo noi, noi cittadini che paghiamo per gli errori e negligenze degli ‘altri’. Come sempre, siamo noi che in denaro o in diritti paghiamo per le soluzioni e mai per le prevenzioni.
Elena D’Ettorre