L’Italia è quel paese in cui la ‘Giustizia non è uguale per tutti’. Varia a seconda della posizione e del ruolo occupato nella società. Il sistema giudiziario e legislativo italiano è quello con più leggi in assoluto, leggi che oltre ad essere incomprensibili alle menti comuni sono facilmente raggirabili. Raggirabili solo per chi le costruisce, chiaramente. Troppe volte abbiamo assistito a casi d’ingiustizia giudiziaria, troppe volte ci siamo imbattuti nello sconcerto di leggi ‘ad personam’. Sentenze che cadono in prescrizione come pere di un albero, processi troppo lunghi, pene poco eque. Un caso attuale di ingiustizia giudiziaria è quello che vede protagonista lo scrittore Erri De Luca, accusato di istigazione a delinquere sulla lotta No Tav in Valsusa. Le frasi incriminate risalgono a un’intervista all’Huffington Post del 1 settembre 2013. “La Tav va sabotata. Ecco perché le cesoie servivano: sono utili a tagliare le reti. Nessun terrorismo” – queste le dichiarazioni dello scrittore rilasciate al giornale. In questa frase si evince la posizione dell’intellettuale rispetto alla questione Tav, ma il crimine, la colpa, dov’è’? E’ nella parola ‘sabotare’. Cosa significa sabotare? Oltre al significato violento (fonte vocabolario online Treccani), c’è una interpretazione figurata il cui significato è ‘intralciare la realizzazione di qualcosa o fare in modo che un’iniziativa altrui non abbia successo’. Parola ritenuta dal magistrato Rinaudo della Procura di Torino, istigatoria. Come l’Inquisizione perseguitava i dissidenti religiosi, oggi nel XXI^ secolo, dopo che le libertà di stampa, di espressione, di libera associazione e manifestazione non solo sono state riconosciute ma anche tutelate dalla legge, De Luca è sotto accusa. Uno scrittore ha il compito di intingere la penna nell’inchiostro della libertà di opinione, ha il compito di dare voce ai pensieri e ai fatti e se questi urtano il sistema, ha il compito di scrivere più forte. In grassetto. In evidenza. Ed è per questo compito che De Luca, in attesa del processo, scrisse il libro ‘La Parola Contraria’ in cui ripropone l’eterno dibattito sul discrimine tra legalità e protesta politica, sul rapporto tra intellettuali e movimenti. “Se dalla parola pubblica di uno scrittore seguono azioni, questo è un risultato ingovernabile e fuori dal suo controllo” – scrive De Luca – che nelle pagine del pamphlet mette in discussione il concetto stesso di ‘istigazione’ alla base del reato che lo vede imputato. Per il processo contro De Luca sono stati chiesti 8 mesi di carcere.
Otto mesi, un prezzo ingiusto da pagare per avere una mente e un’anima non solo pensante ma anche intelligente. Perché, lo sappiamo, l’Italia sabota tutto ciò che è cultura. E tutela l’illegalità, la clandestinità, la corruzione.
W L’ITALIA.
E. D’E.