“VENDOLA: ANCHE I BAMBINI HANNO DIRITTO A RAPPORTI SESSUALI CON ADULTI. Repubblica — 19 marzo 1985 pagina 4 sezione: POLITICA INTERNA ROMuA – Nichi Vendola ha 26 anni, è pugliese. Qualche giorno fa è stato eletto membro della segreteria nazionale della Fgci, la Federazione giovanile comunista. Ha un viso gradevole. In testa calza un berretto blu con visiera, da studente svedese. Intorno al collo è annodata una sciarpa di lana bianca. Porta al lobo sinistro un orecchino d’ oro. Nichi Vendola è un gay, il primo attivista omosessuale entrato a far parte della dirigenza comunista. Dice senza asprezza polemica: “Sono sicuro che parlerai dell’ orecchino d’ oro. Ho già dato un’ intervista in cui raccontavo un po’ di cose, fatti personali e politici. Dopo ho avuto dei timori, credevo che ci fossero reazioni a Roma, nel partito. Invece i compagni sono stati benevoli. Mi hanno però avvertito: stai attento a non farti ingabbiare nel clichè, il gay alle Botteghe Oscure, eccetera. Prima c’ erano i funzionari infagottati nei doppipetti grigi tagliati male, con le cravatte stonate in raso. Adesso l’ omosessuale con l’ orecchino. Al congresso giovanile avevo un magnifico, luminescente papillon sopra una camicia a righe. Dì, vuoi che ti stringa la mano sotto il tavolo?”. Rispondo che il passaggio sotto le forche del commento becero è obbligato: cosa si vuole aspettare, finezze anglosassoni? L’ umorismo in Italia, e anche altrove, è spesso di genere caserma, dovrebbe esserci abituato. Però mica posso far finta di essere venuto per le sue preclare virtù politiche di cui tutta l’ Italia parla. Sono venuto perchè Vendola è il primo dirigente comunista gay dichiarato. Nel 1948 il Pci non ha espulso Pier Paolo Pasolini per indegnità morale? “Sono passati esattamente 37 anni. Sai cosa ho detto al congresso giovanile? Per noi comunisti non si tratta di difendere la grande dignità e i valori dell’ omosessualità, ma di acquisire la diversità come elemento di ricchezza per chi vuole ancora trasformare il mondo. E’ stato il passo più applaudito nel mio intervento”. Mi ricordo di un altro intervento, più volte citato, fatto da Enrico Berlinguer quando era segretario della Fgci, su Maria Goretti: la additava ad esempio per le future generazioni dei comunisti. “Era il dopoguerra. I comunisti venivano descritti come bestie. L’ accusa di essere intellettual-frocio-comunista, senza molta distinzione tra i termini, ugualmente vituperati, è stata merce corrente fino a non troppo tempo fa. Da parte del Pci si tentava di difendersi, di proporre dei modelli di moralità sotto quell’ alluvione di vituperi. Il difetto stava nel prendere in prestito i modelli dalla cultura cattolico borghese”. Ma c’ era anche molta grettezza moralistica e bacchettona all’ interno del partito. Chi conviveva con una ragazza veniva convocato e avvertito con l’ usuale frase: “Compagno, è ora che regoli la tua posizione”. E Togliatti ebbe dei problemi quando iniziò la sua relazione con Nilde Jotti. Secchia non scherzava. “Lo stesso Secchia, una volta caduto in disgrazia, fu accusato, non tanto larvatamente, di essere un finocchio, accusa infamante e degradante. Ma erano tempi diversi, il partito continuava a vivere in stato di allarme, non ci si potevano concedere lassismi personali con il nemico o con la sindrome del nemico alle porte. Però Pasolini, tra il ‘ 60 e il ‘ 70, già poteva scrivere liberamente anche di omosessualità su “Vie Nuove”". Pasolini era uno scrittore celebre, un poeta, “un’ artista”. Anche Visconti non venne mai attaccato: Togliatti ne ha fatto sempre grandi elogi. Ma era un’ eccezione. L’ aristocratico decadente se lo poteva permettere, proprio perchè aristocratico e decadente. L’ operaio in fabbrica no. Diciamo la verità: i compagni lo avrebbero preso a calci nel sedere. “Su Visconti posso essere d’ accordo. Ma lui non faceva professione di omosessualità, come non la fa Zeffirelli. In questo senso non sono “scandalosi”. Invece Pasolini era provocatorio, almeno per quegli anni e il fatto che scrivesse su “Vie Nuove” è significativo. Però è vero che l’ omosessuale in fabbrica, tra i compagni, non aveva vita allegra. Mio padre, comunista da sempre, un uomo magnifico, dolce, andava a fare le spedizioni per picchiare “i froci”. Una volta mi ha detto: se ti ammazzassi, noi tutti potremmo riacquistare una dignità. Mi ha molto amato, ma per lui, come per tanti altri, gli omosessuali erano solo i turpi individui che adescavano i bambini nei giardinetti. Ma di queste cose non ne voglio più parlare”. Non ho l’ intenzione di continuare ad insistere su certi ritardi e manchevolezze del Pci. Ma qui, come in altre occasione, l’ azione dei radicali mi sembra sia stata decisiva. Gli altri hanno seguito, anche con riluttanza: tutto questo non gli interessava, soprattutto non faceva parte della loro cultura. “I radicali hanno avuto dei meriti, creando movimenti, flussi, attraverso un’ ottica garantista. Ma con qualche casella o piccolo spazio in più di libertà non cambi le regole del gioco, che sono rimaste quasi le stesse. Il “Fuori” voleva creare la cittadella gay, dove gli omosessuali si potessero sentir protetti. I comunisti sono sempre stati contro l’ ideologia del ghetto: in ritardo, magari, però decisi a risolvere le questioni, non solo a presentarle, che è molto più facile. D’ altronde basta andarsi a rileggere le centinaia di lettere che arrivavamo all’ “Unità” e a “Rinascita”" durante gli anni 70: un dibattito libero”. Mi dicono però che alti dirigenti del partito non siano stati particolarmente soddisfatti dell’ elezione di un omosessuale nella segreteria della Fgci: Chiaromonte ad esempio. “Francamente nel Pci non ho mai avuto problemi, come li ho avuti in famiglia. Credo che oggi comunista significhi anche rispetto dell’ altro, essere condannati ad una contaminazione attraverso il rapporto umano: un rischio che bisogna accettare. Lo sguardo inquietante di un altro uomo può farti crollare il tuo castello di certezze, ma è inutile e stupido fuggire. Sono i liberali che hanno sguardi paralleli, che non s’ incrociano mai: l’ idea del rapporto come due monologhi. Questa è mummificazione dell’ esistente. Libertà comunista è dinamismo, è contaminazione, con le nostre coscienze e i nostri corpi, è buttarsi nella mischia. Io l’ ho fatto, sono diventato coscientemente omosessuale, per poi recuperare l’ eterosessualità, per poi trovar la sessualità, senza aggettivi. Vorrei che ci capissimo, non sto parlando di membri e di apparati genitali, altrimenti torniamo alla caserma”. Io credo di capire, ma non so quanti siano in grado di farlo nel Pci, non parlo della Fgci… “Giovanni Berlinguer è uno che capisce: aperto, vivace. Anche Natta ci aiuta. Abbiamo avuto un dibattito con lui molto libero. Ripete sempre che bisogna andare fino in fondo, che bisogna parlare, confessarci di più – non dal prete con la cotta – togliersi di dosso tutti i residui di intolleranza. Gli altri non so, sono arrivato da pochi giorni a Roma. Certo l’ età conta, ognuno forma la propria cultura in un momento storico preciso. Non è facile affrontare un tema come quello della pedofilia ad esempio, cioè del diritto dei bambini ad avere una loro sessualità, ad avere rapporti tra loro, o con gli adulti – tema ancora più scabroso – e trattarne con chi la sessualità l’ ha vista sempre in funzione della famiglia e dalla procreazione. Le donne, da questo punto di vista, sono notevolmente più sensibili. Ma il Pci non è un organismo matriarcale”
fonte: catenaumana.it
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