Nel periodo post-pandemico, l’Italia registra un calo del Pil destinato all’istruzione, attestandosi al 4,1% contro la media europea del 4,8%. Secondo Save the Children, questo gap potrebbe avere ripercussioni a lungo termine, soprattutto per le fasce più vulnerabili della popolazione, come i giovani immigrati.
Il calo degli investimenti in istruzione solleva preoccupazioni su vari fronti. Da un lato, segna un arretramento rispetto agli standard europei, mettendo a rischio la competitività e l’innovazione del Paese. Dall’altro, accentua le disuguaglianze sociali, in particolare quelle legate all’origine etnica o al background socio-economico.
I giovani immigrati sono tra i più colpiti da questa tendenza. Gli investimenti scarsi in istruzione limitano l’accesso a programmi di integrazione e formazione, rendendo più difficile il loro inserimento nel tessuto sociale e lavorativo italiano.
In breve, il calo del Pil sull’istruzione non è solo un numero. È un campanello d’allarme che segnala la necessità di ripensare le priorità nazionali, soprattutto in un periodo di ricostruzione post-Covid. Investire nell’istruzione significa investire nel futuro del Paese, garantendo uguaglianza e inclusione per tutti.