La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo ha condannato l’Italia per la violazione dei diritti di una bambina nata da maternità surrogata. La sentenza ribadisce l’importanza del riconoscimento del rapporto di filiazione, che l’Italia non aveva garantito, ponendo la bambina in una situazione di vulnerabilità giuridica ed emotiva.
Il caso ha sollevato nuovi interrogativi sulla legislazione italiana in materia di maternità surrogata, che è attualmente illegale nel Paese. Il verdetto di Strasburgo pone l’Italia di fronte alla necessità di rivedere le proprie leggi e pratiche per allinearle con gli standard europei sui diritti umani.
Mentre alcuni esponenti politici italiani vedono nella sentenza un’ingerenza nelle politiche interne del Paese, organizzazioni per i diritti umani e avvocati specializzati in diritto di famiglia applaudono la decisione, vedendola come un passo avanti verso il riconoscimento dei diritti dei minori nati da maternità surrogata.
L’Italia ora si trova a un bivio: mantenere una posizione conservatrice che perpetua lo status quo, oppure iniziare un dialogo costruttivo che possa portare a una legislazione più inclusiva e rispettosa dei diritti umani. La sentenza potrebbe fungere da catalizzatore per un dibattito più ampio sulla maternità surrogata e sui diritti dei minori in Italia, aprendo la strada a future riforme legislative.