Il morbillo torna a far paura, con un aumento improvviso dei casi e focolai che si moltiplicano in diverse aree del mondo. Dall’inizio dell’anno i contagi hanno superato quota 1.500 solo negli Stati Uniti, dove la malattia era stata dichiarata eliminata più di vent’anni fa. Ora il virus è tornato a diffondersi con la velocità di un tempo, riportando in primo piano un problema che si credeva archiviato.
Le autorità sanitarie americane segnalano un boom di infezioni soprattutto nelle scuole: centinaia di bambini non vaccinati sono stati messi in quarantena, con lezioni sospese e intere classi a casa. E se oltreoceano la situazione preoccupa, anche in Europa gli esperti osservano con attenzione l’evolversi dei focolai, consapevoli che i confini non bastano a fermare un virus tanto contagioso.
Matteo Bassetti, infettivologo del San Martino di Genova, ha commentato la situazione con toni amari: “È come se fossimo tornati indietro di cinquant’anni. Dove mancano i vaccini, torna la quarantena.” Una frase che riassume perfettamente la lezione dimenticata di questi anni: la prevenzione resta l’unico vero scudo.
Il boom di casi di morbillo non è soltanto un problema sanitario, ma anche culturale. L’aumento della diffidenza verso i vaccini, alimentata da false informazioni e teorie complottistiche, ha creato terreno fertile per il ritorno di malattie che la scienza aveva ormai sconfitto.
Oggi, mentre il virus rialza la testa e i medici rilanciano l’appello alla vaccinazione, resta una certezza: il progresso non si conserva da solo. E il morbillo, con la sua capacità di colpire i più vulnerabili, ci ricorda che basta abbassare la guardia per tornare indietro di decenni.