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sabato, 8 Novembre 2025

Italia, il lavoro che uccide: 784 vite spezzate nel 2025

In Italia il lavoro continua a essere un campo minato. Nei primi nove mesi del 2025 si contano 784 morti sul lavoro, otto in più rispetto allo scorso anno. Un bilancio che racconta una tragedia quotidiana, fatta di cantieri, fabbriche e magazzini dove la sicurezza resta troppo spesso una promessa disattesa.

La parte più drammatica riguarda i 575 decessi avvenuti durante l’attività lavorativa e i 209 in itinere, cioè lungo il tragitto casa-lavoro. La Lombardia guida la classifica nera con 73 vittime, seguita da Veneto, Campania, Piemonte ed Emilia-Romagna. Ma la mappa del rischio è diffusa: in Basilicata, Umbria, Campania, Puglia e Sicilia si muore più che altrove, con tassi superiori del 25% rispetto alla media nazionale.

Il settore più colpito resta quello delle Costruzioni, dove si sono registrati 99 decessi. Seguono manifatture, trasporti e commercio. Preoccupante anche la condizione dei lavoratori stranieri: il rischio di morte per loro è più che doppio rispetto agli italiani.

Secondo l’ingegner Mauro Rossato, presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente, “i numeri mostrano un’emergenza strutturale che non si arresta: la formazione e la cultura della prevenzione sono ancora troppo deboli”.

Il venerdì risulta il giorno più letale, quasi un simbolo di un Paese che chiude la settimana con il lutto. Le denunce di infortunio, inoltre, tornano a crescere leggermente (+0,7%), segno che la situazione non migliora.

In sintesi, il 2025 conferma una realtà spietata: lavorare in Italia continua a significare anche rischiare la vita. E mentre i numeri aumentano, resta ferma la domanda di sempre: quante altre morti serviranno prima che la sicurezza diventi davvero una priorità nazionale?

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