Il Ponte sullo Stretto continua a essere più un terreno di scontro che un’opera d’ingegneria. Dopo la decisione della Corte dei Conti di negare il visto di legittimità alla delibera sul piano economico, la politica si è divisa in due fronti contrapposti: chi parla di “ostruzionismo” e chi difende la necessità di rispettare le regole.
La Corte, con una nota asciutta ma decisa, ha precisato che il suo intervento riguarda esclusivamente aspetti giuridici e non il merito del progetto. Un messaggio chiaro: non è in discussione il sogno di collegare Sicilia e Calabria, ma la correttezza dei passaggi amministrativi. “Il rispetto della legittimità è presupposto imprescindibile per la regolarità della spesa pubblica”, ha ribadito l’organo contabile.
Le parole non hanno però placato le reazioni. Il ministro Matteo Salvini ha definito la decisione un atto politico, mentre da Palazzo Chigi è trapelata la volontà di non fermarsi. Il governo, infatti, ha già convocato un Consiglio dei ministri per stabilire come procedere e il Mit è al lavoro per superare gli ostacoli.
A difendere la Corte dei Conti è intervenuta l’Associazione nazionale magistrati, che ha espresso solidarietà ai colleghi, denunciando un clima di delegittimazione e insofferenza verso i controlli di legalità. “I magistrati contabili operano per tutelare le risorse dei cittadini”, hanno dichiarato, sottolineando che l’indipendenza della magistratura è un pilastro dello Stato di diritto.
Il Ponte sullo Stretto, ancora una volta, si conferma simbolo di un’Italia divisa tra il desiderio di costruire e la necessità di rispettare le regole. Da un lato l’entusiasmo politico per un’opera monumentale, dall’altro il richiamo alla prudenza di chi vigila sui conti pubblici. Nel mezzo, resta un progetto che continua a oscillare tra le ambizioni del potere e le fondamenta della legalità.
