Il 2023 segna un tragico incremento nei femminicidi in Italia, con una particolare enfasi sulla gioventù: dieci delle 54 donne assassinate avevano meno di trent’anni. Questo incremento della violenza sulle giovani donne mette in luce una problematica culturale profondamente radicata.
Una delle vittime è Giulia Cecchettin, solo 22 anni, assassinata dall’ex fidanzato. La storia di Giulia rievoca un’eco dolorosa, in quanto il suo nome è condiviso da altre due giovani donne brutalmente uccise: Giulia Donato e Giulia Tramontano.
Oltre a loro, la giovane Yana Malayko, Maria Brigida Pesacane, Sofia Castelli, e Danjela Neza sono solo alcuni nomi in un elenco crescente. Queste donne, uccise in circostanze violente, spesso per mano di ex partner, riflettono una tendenza inquietante.
Non è solo un numero: ogni vittima rappresenta una vita spezzata, una famiglia distrutta, una comunità scossa. La loro assenza è un monito costante della necessità di un cambiamento culturale e sociale.
Il caso di Gessica Malaj, assassinata a soli 16 anni dal padre, e quello di Michelle Maria Causo, trovata vicino a un cassonetto a soli 17 anni, sottolineano l’urgenza di affrontare questa crisi. Queste storie non sono solo cronache di giornale, ma richiami alla responsabilità collettiva.