Con una sentenza destinata a incidere profondamente sul diritto di famiglia, la Corte Costituzionale ha stabilito che è incostituzionale impedire alla madre intenzionale – colei che ha partecipato al progetto genitoriale ma non ha partorito – di riconoscere come proprio il figlio nato in Italia da una procreazione medicalmente assistita effettuata all’estero.
La decisione nasce da un ricorso sollevato dal Tribunale di Lucca e pone al centro della questione i diritti del minore. La Consulta ha infatti sottolineato che negare fin dalla nascita il riconoscimento del bambino da parte di entrambi i genitori danneggia il suo diritto all’identità personale, all’educazione, al mantenimento e alla stabilità affettiva.
Due sono i punti fondamentali su cui si basa la pronuncia: l’impegno condiviso assunto dalla coppia nel momento in cui decide di avere un figlio con la PMA, e il primato dell’interesse del minore ad avere un rapporto continuativo con entrambe le figure genitoriali.
Secondo l’avvocato Vincenzo Miri, presidente di Rete Lenford e legale delle due madri che hanno avviato il ricorso, la sentenza rappresenta un passaggio epocale: non sarà più necessaria la procedura di adozione per ottenere il riconoscimento, restituendo così dignità e diritti a molte famiglie.
Con questa pronuncia, il diritto si allinea ai cambiamenti della società, offrendo una tutela più ampia e concreta ai bambini nati in contesti familiari diversi dal modello tradizionale.