La presenza di attività commerciali incide anche sul mercato immobiliare: il valore di un’abitazione situata in un quartiere colpito dalla desertificazione commerciale scende del 16% con un differenziale complessivo che può arrivare al 39% rispetto a un immobile situato in un quartiere ricco di negozi.
È quanto emerge dall’indagine sulla desertificazione commerciale nelle città, realizzata da Confcommercio in collaborazione con SWG, presentata in occasione dell’iniziativa nazionale della Confederazione ‘inCittà – Spazi che cambiano, economie urbane che crescono’ svoltasi a Bologna.
In ogni caso, negli ultimi 10 anni, gli italiani hanno percepito sempre più chiaramente le chiusure di attività economiche di quartiere, in particolare negozi di articoli sportivi, librerie, giocattoli (55%), abbigliamento, profumerie, gioiellerie (49%), arredamento e ferramenta (46%), alimentari (45%). Un fenomeno che contribuisce al calo della qualità della vita.
La chiusura dei negozi continua a essere uno dei fenomeni più temuti e percepiti: l’80% degli italiani prova un senso di tristezza nel vedere saracinesche abbassate, il 73% collega la chiusura dei negozi al calo della qualità della vita. Rispetto a dieci anni fa le attività scomparse che gli italiani hanno notato maggiormente sono i negozi di libri, giornali, articoli sportivi e giocattoli (55%), le attività non alimentari – come abbigliamento, profumerie, fiorai, gioiellerie, ottici (49%), ferramenta e negozi di arredamento e tessuti (46%), alimentari (45%), ambulanti (39%). Il fenomeno è più avvertito nel Nord-Est e nel Centro e nelle grandi città.
Solo due categorie appaiono in controtendenza: farmacie e pubblici esercizi sono le uniche attività percepite in leggera crescita. Le piccole attività sono le preferite per molte categorie, i supermercati dominano per gli alimentari a lunga conservazione, i mercati mantengono quota importante per il fresco e l’abbigliamento.
Analizzando gli acquisti fisici (non online), i piccoli esercizi (negozi di quartiere, centro storico, ecc.) stravincono per bar/pub (88%), farmacie (87%), tabacchi e quotidiani (85%). Supermercati e grandi superfici (centri commerciali, ipermercati, outlet) sono preferiti, però, per l’acquisto di prodotti alimentari a lunga conservazione (64%), articoli sportivi (58%), elettronica e telefonia (56%). Quote interessanti per i prodotti acquistati nelle attività di commercio ambulante, in particolare gli alimentari freschi (11%) e l’abbigliamento e calzature (10%).


