A Palazzo Chigi si è concluso dopo quasi quattro ore il confronto tra governo e sindacati sul futuro dell’Ex Ilva di Taranto. Il ministro Adolfo Urso ha annunciato che da gennaio circa 6mila lavoratori saranno in cassa integrazione, a causa dei lavori di decarbonizzazione che comporteranno il fermo parziale degli impianti.
Una decisione che ha fatto esplodere la protesta dei rappresentanti di Fim, Fiom e Uilm, convinti che dietro la parola “transizione” si nasconda in realtà un piano di chiusura mascherato. I sindacati denunciano l’assenza di un progetto industriale concreto e accusano il governo di “fare cassa sui lavoratori”.
Da parte sua, Palazzo Chigi ha espresso “rammarico” per la scelta dei sindacati di interrompere il confronto, ribadendo la disponibilità a proseguire le trattative. Intanto, emerge l’interesse di un nuovo operatore privato per l’acquisto dello stabilimento, ma i dettagli restano top secret.
Il clima resta teso a Taranto, dove l’incertezza economica pesa su migliaia di famiglie. L’ex polo siderurgico, un tempo simbolo della potenza industriale italiana, rischia di trasformarsi nell’ennesimo monumento alla crisi del lavoro nel Mezzogiorno.

