Secondo le ultime stime dell’Istat e della Ragioneria Generale dello Stato, il requisito per la pensione di vecchiaia nel 2050 salirà a 68 anni e 11 mesi, avvicinandosi rapidamente alla soglia dei 70 anni. In parallelo, la partecipazione degli over 55 al mercato del lavoro continuerà a crescere, segno di un Paese dove l’età anagrafica non coincide più con il ritiro dalle attività professionali.
L’Italia, dunque, si prepara a una rivoluzione demografica: nel 2050 un cittadino su tre sarà over 65, mentre la popolazione in età lavorativa (15-64 anni) scenderà sotto il 55%. Le culle sempre più vuote e le carriere sempre più lunghe ridisegneranno il tessuto sociale ed economico del Paese.
La speranza di vita, intanto, continua a salire: 84,3 anni per gli uomini e 87,8 per le donne, secondo le proiezioni. Ma vivere di più non significa necessariamente vivere meglio. La vera sfida sarà garantire condizioni di salute e lavoro sostenibili, evitando che l’allungamento della vita si traduca in un’estensione forzata dell’età lavorativa.
L’Italia del 2050 rischia così di essere un Paese dove l’esperienza sarà un valore, ma anche un peso per un sistema previdenziale già sotto pressione. Pensione a 69 anni non sarà solo un numero, ma il simbolo di un equilibrio difficile tra longevità, produttività e diritti sociali.