11.4 C
Rome
lunedì, 13 Ottobre 2025

Eredità d’Italia: il futuro dei patrimoni e la sfida della competenza

Quando il patrimonio diventa testimone del domani: la necessità di professionisti capaci ad accogliere le sfide dei mercati.

Un patrimonio costruito nel tempo, frutto di decenni di risparmio e accumulazione, ha reso la generazione di italiani “in uscita” la più ricca di sempre. A loro fa capo la maggior parte dei 7-8 mila miliardi di dollari di ricchezza finanziaria stimata dal Boston Consulting Group, una cifra che colloca l’Italia all’ottavo posto nella classifica mondiale.

Per la prima volta, tuttavia, questo immenso tesoro passerà nelle mani di una generazione numericamente più ridotta. Dopo secoli in cui le società hanno cercato di evitare la dispersione dei patrimoni tra i figli — terre, case, denaro —, oggi avviene il contrario: le ricchezze di padri, madri, zii e zie confluiranno in un numero inferiore di eredi. Una sorta di gigantesco imbuto demografico e finanziario, in cui patrimoni grandi e piccoli si concentreranno progressivamente.

“Sul risparmio incidono tutti i fattori demografici, economici e sociali che caratterizzano l’Italia”, spiega Stefania Tomasini, senior partner di Prometeia, che disegna uno scenario di crescente polarizzazione. Oggi il 74% della ricchezza è detenuto dagli over 64; nel 2030 salirà al 76,4% e nel 2035 al 78,5%, continuando probabilmente a crescere.

L’invecchiamento della popolazione influenzerà inevitabilmente le scelte dei risparmiatori: “Potremmo assistere a una progressiva riduzione della propensione al risparmio — osserva Tomasini —, con una quota crescente di pensionati che tenderanno fisiologicamente a disinvestire più che ad accumulare”. Tuttavia, la minor generosità futura del sistema pensionistico potrebbe controbilanciare questa dinamica, inducendo anche le generazioni più anziane a mantenere un tasso elevato di risparmio in previsione di un welfare più costoso.

La propensione al consumo, infatti, è prevista in lento ma costante calo fino al 2050: dall’attuale 91% all’89,2%. Un segnale di maggiore cautela, di attenzione a non eccedere nelle spese e a preservare risorse per il futuro.

Esiste però un rischio nascosto nei patrimoni italiani: la forte componente immobiliare, spesso concentrata in aree marginali, dove il mercato potrebbe riservare sorprese negative sull’evoluzione dei prezzi. È quindi probabile che, con il passaggio generazionale, la ricchezza subisca trasformazioni sia quantitative che qualitative.

Secondo Prometeia, tra le famiglie più benestanti il passaggio di mano riguarderà 715 miliardi di euro entro il 2048, a fronte di una ricchezza finanziaria complessiva della clientela private stimata in 1.300 miliardi a fine 2023. Il primo gradino, tra il 2025 e il 2030, sarà il più alto: in soli cinque anni cambierà titolare il 15% di tale ricchezza, pari a circa 200 miliardi di euro, per poi ridursi progressivamente fino a 70 miliardi tra il 2046 e il 2048.

Un flusso imponente che inciderà poco sull’erario, data la tassazione di successione tra le più favorevoli d’Europa, ma che produrrà un effetto collaterale rilevante: una nuova concentrazione della ricchezza, perché i beneficiari saranno meno numerosi dei loro predecessori. In altre parole, più risparmio in meno mani, e tasche sempre più piene.

Per Gian Paolo Barbetta, docente all’Università Cattolica e responsabile del Centro di ricerche sulla cooperazione e sul non profit, questo trasferimento rappresenta “una straordinaria occasione per ridurre almeno in parte i divari che attraversano la nostra società”.

Nel suo studio per la Fondazione Cariplo, Barbetta ha stimato che il passaggio generazionale comporterà trasferimenti per 1.100 miliardi di euro tra il 2020 e il 2030, e addirittura 3.222 miliardi tra il 2030 e il 2040. Una quota significativa di questa ricchezza proverrà da famiglie senza eredi diretti — single o coppie senza figli —, aprendo potenzialmente nuove opportunità per il Terzo Settore, qualora le organizzazioni sapessero intercettare la disponibilità dei donatori.

Nel caso puramente teorico in cui tutti i patrimoni privi di eredi fossero destinati alla beneficenza, i lasciti al non profit ammonterebbero a 20,8 miliardi nel 2030 e 88,1 miliardi nel 2040. Tuttavia, in Italia, solo in presenza di un testamento è possibile devolvere la parte disponibile (esclusa la quota legittima) a istituzioni sociali o caritative.

“Si apre uno spazio per politiche e interventi che incentivino la redazione di testamenti — sottolinea Barbetta —. La propensione a farlo è ancora troppo bassa, e su questo dovrebbero impegnarsi anche i fundraiser del Terzo Settore”.

Resta da capire se la politica avrà il coraggio di affrontare un tema così tecnico e delicato, ma una cosa è certa: qualcosa è già cambiato nelle scelte di investimento delle nuove generazioni. Gli under 50 mostrano competenze finanziarie più solide e una spiccata sensibilità verso la transizione ecologica e la finanza sostenibile, fino a interessarsi alla finanza d’impatto, una nicchia in rapida crescita.

Questo orientamento apre prospettive di avvicinamento tra risparmio ed economia reale, a beneficio di strumenti come il venture capital e il private equity, che sostengono rispettivamente le imprese giovani e innovative o quelle più mature ma non quotate.

Un movimento profondo, quasi geologico, che se governato con lungimiranza potrebbe finalmente valorizzare il grande giacimento di ricchezza europea — e italiana in particolare — finora troppo spesso messo al servizio degli interessi altrui, come evidenziato anche nei rapporti sulla competitività di Enrico Letta e Mario Draghi.

Di fronte a questo scenario epocale, il mercato ha un bisogno crescente di professionisti all’altezza nella gestione dei grandi patrimoni: esperti capaci di unire competenza finanziaria, sensibilità etica e visione strategica.

L’Istituto Superiore di Finanza e Organizzazione Aziendale investe in questa direzione, formando la nuova classe dirigente del settore. Grazie a docenti di alto profilo, metodologie didattiche avanzate e un approccio integrato tra teoria e pratica, l’Istituto rappresenta un punto di riferimento per chi vuole crescere professionalmente nel mondo della consulenza finanziaria, del private banking e del wealth management.

Un luogo di prestigio e di relazioni, dove i futuri manager imparano non solo a gestire patrimoni, ma a valorizzarli responsabilmente, contribuendo a una finanza più consapevole e sostenibile per il Paese.

Potrebbe interessarti

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Rimani connesso

890FansLike
- Advertisement -spot_img

Ultimissime