Benvenuti nel ventunesimo secolo, dove la “corsa al riarmo” è tornata di moda più del vinile e del tailleur pastello. E non è una questione di tendenze, ma di miliardi: la nuova direttiva della Nato impone agli stati membri di portare le spese militari al 5% del PIL entro il 2035. Per l’Italia, ciò si traduce in un piccolo dettaglio: triplicare le uscite militari annuali. Una vera e propria maratona… al portafoglio.
Attualmente, la nostra spesa per la difesa si aggira attorno ai 33 miliardi di euro. Ma attenzione: la “corsa al riarmo” significa correre verso quota 100 miliardi l’anno, con un’allegria contabile che nemmeno Totò avrebbe potuto prevedere. Il tutto, ovviamente, senza passare dal via (cioè senza tagli da qualche altra parte). E indovinate un po’? Quei tagli potrebbero colpire proprio sanità, scuola e welfare. Insomma, meno dottori e più droni.
La corsa al riarmo, espressione usata ormai come fosse un reality show (“Chi vuol spendere di più?”), non riguarda solo tank e mitragliatrici. No, adesso si parla anche di cyber-difesa, intelligenza artificiale, sicurezza ibrida. Con una punta di romanticismo distopico: difendere la democrazia riducendo i fondi per… la democrazia.
Il governo Meloni, con una mossa degna del prestigiatore Houdini, è già riuscito a far quadrare il 2% attuale attraverso ingegneria contabile: pensioni militari rientrate nella Difesa, costi della Guardia Costiera riciclati tra le spese strategiche. Ma arrivare al 5% sarà un’altra musica. Una marcia militare, più che altro.
E mentre Tajani assicura che “ce la faremo”, il conto inizia a materializzarsi per le famiglie italiane: 650 euro in più a testa all’anno, 2.600 euro per una famiglia media. Un bel contributo alla causa… ma quale causa, esattamente?
Nel frattempo, altri paesi europei stanno già raschiando il fondo del barile. La Germania sospende le regole sul debito, la Francia mette le mani nei risparmi privati, l’Estonia si lancia nel deficit più spinto. L’Italia cosa farà? Aumentare le tasse, tagliare il welfare o far crescere ancora il debito? Il dilemma è servito, insieme a un bel contorno di incertezza economica.
La corsa al riarmo è quindi partita. Ma in questa staffetta mondiale, resta una domanda sospesa nell’aria: chi, alla fine, taglierà il traguardo… e chi pagherà il conto?