La Corte dei Conti mette sotto la lente d’ingrandimento il Reddito di Cittadinanza, misura emblematica dell’attuale Governo, finalizzata a “abolire la povertà”. Stando alla recente relazione, sarebbe “quasi impossibile recuperare dagli ex percettori i soldi delle truffe”. Dall’avvio della misura, più di duecentomila pratiche sono state revocate, un dato che fa emergere preoccupazioni serie sull’efficacia e la sostenibilità del sistema.
La misura, già oggetto di critiche per il suo impatto limitato sulla povertà effettiva, si trova ora ad affrontare ulteriori questioni di legittimità e efficienza. La difficoltà di recuperare i fondi sottratti illegalmente solleva dubbi su come la misura sia stata implementata e gestita, e sulle carenze nei meccanismi di controllo e verifica.
Per gli oppositori, questa è ulteriore prova che il Reddito di Cittadinanza sia una misura fallimentare, mentre i sostenitori argomentano che i problemi possono essere risolti con maggiore supervisione e aggiustamenti normativi.
In ogni caso, la relazione della Corte dei Conti aggiunge una nuova piega al dibattito, rendendo pressante la necessità di un riesame completo della misura. Con duecentomila pratiche revocate e una difficile riscossione dei fondi, il Governo dovrà affrontare domande stringenti sulla validità e l’efficacia del Reddito di Cittadinanza, sotto la crescente pressione sia dell’opinione pubblica che delle istituzioni di controllo.
In questo scenario, l’urgenza di trovare soluzioni efficaci per rendere il sistema più robusto e meno suscettibile a truffe diventa un imperativo sia etico che politico.