Se il crimine e la verità esistono ancora e, quindi, arresta, tortura, uccide ma anche assolve, redime e perdona, è anche perchè deve individuare ed indicare una volta per tutte, l’ ordine delle cose, deve garantire la giustizia di Dio e l’ ingiustizia dell’ uomo, il manifestarsi del disordine e della dismisura.
L’ omicidio è la punta di un iceberg che, per ovvi motivi, fuoriesce dal bossolo di omertà e di silenzio. Le ragioni per i quali molti casi sono irrisolti o un assassino riesce a sfuggire alla giustizia, possono essere diverse soprattutto in Italia. In Italia non si sanno fare le inchieste,
dovute all’ imperizia e negligenza degli investigatori e inquirenti che sono oramai abituati ad avere i pentiti e, il loro lavoro si limita a capire se il collaboratore sia o meno attendibile.
- Fabrizio Peronaci cosa pensa in merito al ruolo degli investigatori e inquirenti?
Sono un giornalista d’ inchiesta che ha ben presente il suo dovere primario: raccontare i fatti e pubblicare le notizie a beneficio dei lettori, dell’opinione pubblica, cercando anche di dare qualcosa in più, un approfondimento che spesso manca. Nei gialli più complessi cerco di acquisire anche un metodo direi quasi “poliziesco” per fare emergere la verità, grazie alla ricerca di testimoni, alla puntuale analisi di prove e indizi e alla collaborazione con professionisti come criminologi, biologi, medici legali, avvocati. Mi reputo e tutti i giorni cerco di essere un giornalista libero e dotato di autonomia di pensiero, non influenzabile. Non è facile, ma per combattere il malaffare e la malagiustizia credo sia una condizione indispensabile. Anche a costo di scontentare poteri forti, come quelli vaticani. D’altronde è questo che chiedono a noi giornalisti investigativi i lettori e i follower in Rete. In fondo è semplice, basta seguire la regola aurea: NESSUNA CENSURA.
- Secondo lei quali sono gli errori comuni che commettono gli investigatori?
Molti non comprendono che i delitti bisogna ricostruirli in maniera meticolosa, ricostruire tante circostanze, anni di vita della vittima e delle persone che frequentava ma capisco anche, che tutto ciò è molto laborioso. Scopo del mio lavoro è quello di indagare le migliori
possibilità di interazione tra le diverse discipline scientifiche e socio-criminologiche, con attenzione sia all’ operatività sul campo degli aspetti metodologici, che sulle connessioni tra giornalismo investigativo ed esercizio del diritto di cronaca, come espressione di un diritto costituzionalmente riconducibile nell’ aveo dell’ art. 21 Cost., afferente alla libertà di informare ed essere informati, ma anche come strumento di garanzia dell’ ordine democratico di un paese. Il mio lavoro è, l’ Inside Story, nell’ osservazione partecipante della ricerca, nonchè l’ indagine fortemente centrata sull’ attentato al Papa, servizi segreti deviati, criminalità e tanti depistaggi, dai quali potrebbe emergere a distanza di anni la VERITA’.
Parto dal problema, elaboro le ipotesi non solo teoriche ma anche operative, per poi cercare di validarle, curare la forma espositiva dei risultati raggiunti, in funzione della necessità ulteriore che l’ investigazione giornalistica deve soddisfare per informare l’ opinione pubblica. - Fabrizio cosa racconta nel terzo libro della sua trilogia ” Il Crimine del secolo ” edizioni Fandango?
Mi sono fatto raccontare verità scomode, storie complicate che necessitano di scavo giornalistico, serve avere tanta sensibilità. I giornalisti devono essere cani da guardia dei poteri costituiti a favore dei lettori. Occorre saper osservare, saper leggere i fatti e non
avere verità preconcette e tanto coraggio a causa delle ritorsioni. Nel mio ultimo libro, parlo del viaggio nel più grande mistero della fine del secolo e dei suoi tragici effetti collaterali. - Perchè raccontare verità scomode?
E’ nata la volontà di raccontare la storia non perdendo di vista i passaggi di quanto avvenuto. Facilmente gli inquirenti tendono ad innamorarsi dell’ ultima pista, dimenticando le altre, quando la verità potrebbe risiedere proprio nella diversa lettura delle tracce. Tracce
e piste che toccano argomenti bollenti. Basti pensare all’ attentato al Papa Giovanni Paolo II commesso il 13 maggio 1981 in Piazza San Pietro, in Vaticano, da Mehmet Ali Agca, che gli sparò due colpi di calibro 9 ferendolo gravemente, salvato dalla prontezza di riflessi di una suora, che lo bloccò. Il turco e il suo armiere che procurò la pistola, furono condannati. Tutto il resto…restano ancora molte ombre. Un evento che segnò una svolta nella Guerra Fredda, creando i presupposti del successivo crollo del muro di Berlino. Ho voluto raccontare un’ azione politica – terrorista per svelare verità non dette per le future generazioni e gli appassionati o professionisti di Cold case. Ho voluto dar vita ad un giallo legato ad un doppio filo, dall’ attentato al Papa, alle sei morti che hanno dato vita ad un giallo dai risvolti inquietanti di cui tanti hanno parlato senza arrivare alla verità, senza riuscire a districare quel filo invisibile, reale che , unisce vittime e carnefici. Sovente è necessario dipanare ogni dubbio e trasformare ciò che appare in ciò che è ed è stato.
Un percorso lineare, logico e coerente, quasi 1000 pagine suddivise nella trilogia ” Mia sorella Emanuela ” 295 pp, il ” Ganglio ” 396 pp e ultimo ” Il crimine del secolo ” 358 pp per raccontare tante verità sconvolgenti non dette. 10 anni di passione e lavoro granitico di indagini pericolose, nella fatica di notti trascorse a scrivere e nel rischio personale che comporta, nel tentativo di svelare eventi tragici e mai chiariti, tutti figli di un malinteso senso della ragione di Stato, cercando verità scomode in ambienti sbagliati.
Sono partito dall’ ” Operazione Colosseo ” che ha decretato la fine dell’ epopea degli intrecci mafia/politica della Capitale con l’ arresto di centinaia di malavitosi. - Com’ è suddivisa la sua trilogia?
Nel I e II libro di questa trilogia, ho raccontato ai lettori un ” Noir ” di dimensione planetaria, avendo sotto mano le fonti principali. Un’ occasione per compiere passi verso la verità, altri tasselli non scandagliati. Servizi segreti deviati, terrorismo, Banda della Magliana,
Vaticano. Teorie che si intrecciano. Tutti depistaggi. I miei libri auspicano che quel numero di persone che conoscono la verità e stanno zitti, a distanza di anni e con il cambio generazionale, possano dire la verità alle famiglie su cosa realmente sia accaduto, per fare
chiarezza nelle pieghe di quello che è stato filtrato.
Il DOLORE e la MORTE sono ESSENZA DELLA VITA. Raccontare le tragedie degli uomini, assolve ad un importantissimo compito: dare conforto alle famiglie, lasciate quasi sempre sole nella ricerca della verità.
Nel I libro ” Mia Sorella Emanuela “ con l’ ausilio del fratello, ho posto sul tavolo tutti i tasselli della vicenda. Il rapimento di Emanuela Orlandi quel 22 giugno 1983: prove lapalissiane di un sistema , un intreccio di poteri che parte dall’ attentato al Papa e tutti gli omicidi susseguitesi. I mandanti volevano condizionare la volontà di Wojtyla ma la vita di una ragazza conta più di una qualsiasi ragion di Stato.
Nel II libro ” Il Ganglio ” grazie al duro lavoro di scavo giornalistico, ho pubblicato il memoriale del testimone reo-confesso Marco Accetti, all’ epoca indagato sul Caso Orlandi – Gregoraci per sequestro di persona e occultamento di cadaveri.
Nel III libro ” Il Crimine del secolo ” arrivo alla summa, con il supporto di nuove fonti, tra i quali magistrati ed investigatori dell’ epoca. In quest’ ultimo libro, la verità si compie. La progressione verso la verità è resa evidente dal metodo che ho scelto di seguire con umiltà e tenacia.
In questi tre libri non ho mai cambiato direzione dalle convinzione delle tesi precedenti. - Cosa pensa del rapimento di Emanuela Orlandi, cos’è stato in realtà?
L’ obiettivo non era quello di operare un sequestro a lungo termine che si sarebbe concluso con l’ uccisione dell’ ostaggio, ma il fine ultimo e primario, era quello di allontanare la ragazza da casa, essendo figlia di un commesso vaticano, affinchè si potesse mettere mani ad un ricatto sui gangli del potere costituito che creò talmente tanti depistaggi, da indurre Papa Wojtyla a pronunciare ben 8 appelli per Emanuela Orlandi durante l’ Angelus, e indusse il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, controvoglia, a pronunciarsi, chiedendo all’ Ansa di pubblicare un messaggio di appello per la liberazione di Emanuela Orlandi in cambio della scarcerazione del turco Mehmet Ali Agca. Tutto il clamore mediatico ha reso gli ostaggi più fragili e lo scenario più accreditato.
- Si arriverà mai a conoscere la verità? Gli intrecci sono stati casuali o voluti?
E’ quello che auspichiamo. Tutti gli elementi sono reali ed interconnessi. Il NON DICIBILE del sequestro Orlandi è dettato dagli interessi per mettere a repentaglio l’ immagine della Chiesa: questo è il segreto indicibile. La distanza di 40 anni potrebbe dar luce agli eventi
facendo accollare ai testimoni la responsabilità della verità. - Un giorno ci sarà una sceneggiatura su questi casi?
Su Netflix uscirà una serie dove io interpreterò me medesimo, il giornalista investigativo. L’ attenzione è sempre stata forte, vana solo quando ha sollevato polveroni. - Fabrizio non c’è stata alcuna censura da parte della sua redazione?
Il Corriere della Sera da Illo tempore è un’ istituzione, ho sempre fatto giornalismo senza censura, nessuno riuscirà mai a mettermi il bavaglio. Una sana democrazia deve metodologicamente garantire la libera esplicazione di tutte le opinioni, non solo quelli degli
organi inquirenti ed accusanti, educando così il lettore a comprendere il vero significato dell’indagine.
Ringraziamo il giornalista Fabrizio Peronaci per la disponibilità e per aver presentato il suo ultimo lavoro alla redazione di Puglia Press eUltimisse News Italy News.
Francesca Branà