Nel 1946, il governo italiano provvisorio guidato da Alcide De Gasperi e l’ultimo del Regno d’Italia, decise che il 25 aprile dovesse essere “festa nazionale”. Da allora, il 25 aprile è un giorno festivo, come le domeniche, il primo maggio, il giorno di Natale e da alcuni anni la festa della Repubblica. La guerra in Italia non finì il 25 aprile 1945, continuò ancora per qualche giorno, fino agli inizi di maggio. Eppure, oggi si continua a festeggiarla senza che, per la maggiorparte degli italiani, si conosca il motivo. E’ il giorno della propaganda politica sicuramente per la sinistra, ovvero coloro che in qualche modo si riconoscono nei partigiani che aiutati soprattutto dagli alleati, cacciarono i tedeschi dal territorio italiano.
Il 10 aprile il Partito Comunista diffuse a tutte le organizzazioni locali in cui si diceva che era giunta l’ora di scatenare l’attacco definitivo; il 16 aprile il CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, di cui facevano parte tutti i movimenti antifascisti e di resistenza italiani, dai comunisti ai socialisti ai democristiani e agli azionisti, cioè i membri del Partito d’Azione) emanò simili istruzioni di insurrezione generale. Oggi, sono rimasti in pochi coloro che hanno vissuto quei momenti, non per altro, ma solo per una questione d’età.
Si continua a festeggiare il 25 Aprile che è soprattutto un giorno di vacanza dove tutti programmano la gita fuoriporta, la vacanza al mare, il pranzo verso un agriturismo e se coincide con un ponte, magari una vacanza in una méta più lontana. Se non ci fossero i politici che conquistano l’ennesimo spazio televisivo per fare propaganda, della liberazione resterebbe poco o nulla. E’ il momento che questa ricorrenza abbia spazio nel posto più idoneo: i libri di storia e che gli insegnanti riescano a concludere il programma, insegnando agli studenti quello che realmente accadde in quei giorni del 1945. Per la verità, la Storia dell’Italia, ha vissuto altri momenti critici. Bisognerebbe festeggiare la liberazione dalle Brigate Rosse che, a loro volta si consideravano partigiani come gli antifascisti, anche se con diversi obiettivi rispetto a quelli degli anni quaranta. Tra qualche giorno ci sarà una festa che è diventato un altro momento di svago collettivo, rispetto quello che dovrebbe essere il vero significato. Si festeggerà il lavoro il Primo Maggio. Sarà il giorno dei concerti, della musica, ma anche di un’altra vacanza. Quelli che lavorano tutti i giorni lo festeggeranno lavorando: Forze dell’Ordine, medici, infermieri, sanitari, spazzini, cuochi, ristoratori, ecc. ecc. ecc. Chi lo festeggerà saranno soprattutto quelli che un lavoro non ce l’hanno o coloro che approfitteranno del giorno festivo per godersi una giornata ‘pagata’. Non sappiamo in quale categoria mettere quest’anno coloro che per la prima volta godranno del ‘Reddito di Cittadinanza’. L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Eppure, quella Costituzione è motivo di forti discussioni, lo Stato non garantisce il lavoro a nessuno e molti giovani sono costretti ad andarsene all’estero per cercare lavoro, magari ospitiamo molti extracomunitari che quella fatica che gli italiani non vogliono fare, la fanno loro. Non ci resta che festeggiarlo il lavoro, magari con un buon pranzo, una bella bevuta, un buon concerto e chi si è visto, s’è visto.
Buone Feste a tutti.
Antonio Rubino