La Corte d’Appello di Torino ha disposto la cessazione del trattenimento di Mohamed Shahin, imam che si trovava nel Centro di permanenza per i rimpatri di Caltanissetta. Il provvedimento ha consentito all’uomo di tornare in libertà grazie al rilascio di un permesso di soggiorno provvisorio, emesso dalla Questura competente.
La decisione ha immediatamente suscitato forti reazioni politiche, in particolare da parte di Fratelli d’Italia, che ha definito la scelta dei giudici grave e difficile da comprendere. Secondo il partito, il rilascio rischia di indebolire l’azione dello Stato in materia di sicurezza, soprattutto alla luce delle posizioni pubbliche che in passato erano state attribuite all’imam e che avevano alimentato polemiche e preoccupazioni.
Dal fronte politico viene sottolineato come il provvedimento giudiziario arrivi in un momento delicato per l’ordine pubblico e il clima sociale, segnato da tensioni internazionali e da episodi di violenza che hanno riacceso il dibattito sulla prevenzione e sul controllo del territorio. La vicenda riapre così il confronto tra magistratura e governo, mettendo al centro il difficile equilibrio tra il rispetto delle decisioni dei tribunali e le esigenze di tutela della sicurezza nazionale.
Il caso resta aperto e destinato a far discutere, diventando l’ennesimo esempio di come le questioni legate all’immigrazione e alla sicurezza continuino a dividere l’opinione pubblica e il mondo politico.
