Un boato nella notte ha sconvolto la quiete di Campo Ascolano, frazione di Pomezia. Davanti all’abitazione del giornalista Sigfrido Ranucci, conduttore della trasmissione Report, è esplosa una bomba rudimentale che ha distrutto le auto sue e della figlia. L’attentato a Sigfrido Ranucci ha scosso l’intero quartiere, ma fortunatamente non ha provocato feriti.
L’ordigno, contenente circa un chilo di esplosivo, è stato collocato tra i vasi del giardino e acceso manualmente. L’onda d’urto ha danneggiato anche la casa e le vetture vicine. Sul posto sono intervenuti i carabinieri e gli artificieri, mentre la Procura Antimafia di Roma ha aperto un’inchiesta per danneggiamento con aggravante del metodo mafioso.
Ranucci, visibilmente provato, ha parlato di “salto di qualità” nelle minacce ricevute negli ultimi mesi. “Sono state decine, di ogni tipo, ma questa è la più grave. Lo Stato mi è sempre stato vicino, ma ciò che è accaduto davanti casa è un segnale inquietante”, ha dichiarato.
Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha espresso solidarietà al giornalista e disposto il massimo livello di protezione. Anche il presidente della Repubblica e la premier hanno condannato l’episodio, definendolo un grave attacco alla libertà di stampa.
L’attentato a Sigfrido Ranucci rappresenta non solo un atto intimidatorio personale, ma anche un colpo alla libertà di informazione. In un Paese dove il giornalismo d’inchiesta è spesso bersaglio di minacce e querele, episodi come questo riportano alla memoria anni difficili per chi cerca la verità.
Mentre le indagini proseguono, resta l’amara constatazione che la parola, in Italia, può ancora far paura.