Un boato che ha squarciato la quiete della campagna veronese. A Castel D’Azzano, un casolare è esploso durante una perquisizione dei carabinieri, trasformando un normale intervento in un dramma nazionale. Tre militari hanno perso la vita – Marco Piffari, Valerio Daprà e Davide Bernardello – e quindici persone, tra forze dell’ordine e vigili del fuoco, sono rimaste ferite.
All’interno della casa si trovavano tre fratelli, due uomini e una donna, ora fermati. Secondo gli inquirenti, sarebbe stata proprio la donna a innescare volontariamente l’esplosione. Nel casolare, completamente crollato dopo la deflagrazione, sono state ritrovate sei bombole e alcune molotov: elementi che fanno pensare a un gesto preparato con cura.
L’episodio non arriva dal nulla. Un anno fa, gli stessi occupanti avevano già utilizzato il gas come arma di ricatto per evitare lo sfratto. Questa volta, però, la tensione è esplosa – letteralmente – con conseguenze tragiche. La Procura di Verona parla di omicidio premeditato e sta valutando anche l’ipotesi di strage.
Il dolore per la morte dei tre carabinieri si mescola alla rabbia e alla paura. La comunità locale è sconvolta, le indagini procedono tra macerie e testimonianze. L’esplosione del casolare Verona è diventata un simbolo di quanto fragile possa essere il confine tra disperazione e follia.
Tra i detriti restano le prove di una tragedia annunciata, ma anche il sacrificio di chi, in divisa, ogni giorno rischia la vita per garantire sicurezza. E mentre Verona piange i suoi servitori, l’Italia intera si interroga su come sia possibile che la legge incontri, ancora una volta, la morte in servizio.