Nel carcere di Pavia sono stati acquistati e distribuiti 720 profilattici ai detenuti, con la gestione affidata al personale medico interno. La decisione della direttrice Stefania Musso è stata motivata con “motivi terapeutici”, ovvero come misura preventiva per ridurre la diffusione di malattie sessualmente trasmissibili, più frequenti in ambiente carcerario.
Il provvedimento ha diviso opinione pubblica e operatori: per alcuni è un atto di responsabilità, per altri un’iniziativa discutibile in un contesto dove mancano ancora spazi, igiene e condizioni di vita dignitose. In ogni caso, ha riportato l’attenzione su un tema spesso ignorato: la sessualità dietro le sbarre, mai regolata in modo chiaro dal sistema penitenziario.
Resta però un punto su cui molti concordano: una volta in carcere, la priorità dovrebbe essere la rieducazione e il rispetto delle regole, non i rapporti intimi. La salute è importante, ma la detenzione per sua natura non può garantire la piena libertà di vita privata che si ha all’esterno.