Miami Beach, sabato notte. Una tranquilla passeggiata si trasforma in un incubo per due turisti israeliani, padre e figlio, quando un uomo decide che la loro somiglianza con “due palestinesi” giustifica l’apertura del fuoco. E non con qualche colpo di avvertimento, ma con ben 17 proiettili sparati con un fucile.
L’aggressore, il 27enne Mordechai Brafman, residente a Miami, è stato arrestato con l’accusa di duplice tentato omicidio. Il motivo? Ha dichiarato alla polizia di aver “visto due palestinesi e di avergli sparato”. Peccato che le vittime, Ari Rabey e suo padre, fossero in realtà turisti israeliani. Un fraintendimento fatale che per fortuna non ha avuto conseguenze letali: il primo è stato ferito a una spalla, il secondo a un avambraccio.
Ma la vicenda assume contorni ancora più grotteschi dopo la sparatoria. Convinto di essere stato attaccato per motivi antisemiti, Ari Rabey ha scritto sui social un messaggio infuocato, parlando di un’aggressione da parte di un “arabo”. In poche ore, la sua versione è rimbalzata ovunque, con un’accusa completamente errata che ha aggiunto ulteriore tensione a un episodio già assurdo.
L’inseguimento e i colpi di fucile
Secondo la ricostruzione della polizia, Brafman era alla guida del suo furgone quando ha notato l’auto con i due turisti. Senza esitare, ha fatto un’inversione a U, si è fermato e, sceso dal mezzo, ha iniziato a sparare. Un comportamento che lascia più di qualche dubbio sulla sua sanità mentale, tanto che il suo avvocato ha già chiesto una perizia psichiatrica.
In un momento di tensione internazionale, episodi del genere dimostrano quanto l’isteria collettiva possa trasformarsi in violenza ingiustificata. Questa volta, la fortuna ha voluto che nessuno perdesse la vita. Ma quanto ci vorrà prima che un altro tragico equivoco finisca nel peggiore dei modi?
