Lo scandalo del sangue infetto in Gran Bretagna ha provocato oltre 3.000 morti, mettendo in luce una delle più grandi negligenze della sanità pubblica. Le autorità sapevano e hanno insabbiato tutto, lasciando che decine di migliaia di pazienti si ammalassero.
Fin dagli anni ’70, decine di migliaia di pazienti britannici sono stati esposti a sangue e emoderivati contaminati. Tra le vittime, circa 1.250 persone con disturbi emorragici, tra cui 380 bambini, hanno contratto l’HIV. Inoltre, altre 5.000 persone hanno sviluppato l’epatite C cronica.
L’ex giudice Brian Langstaff, che ha presieduto l’inchiesta, ha denunciato un “catalogo di fallimenti” delle autorità sanitarie. Fin dagli anni ’40, era noto che l’epatite e l’AIDS potevano essere trasmessi attraverso trasfusioni di sangue. Tuttavia, il governo ha scelto di ignorare i rischi.
Il plasma utilizzato per gli emoderivati proveniva da donatori ad alto rischio, tra cui detenuti pagati per fornire campioni di sangue. Un singolo donatore infetto poteva contaminare interi lotti di plasma, esponendo migliaia di pazienti al pericolo.
Le autorità hanno deliberatamente tentato di nascondere lo scandalo, distruggendo documenti e omettendo informazioni cruciali. Questo insabbiamento ha ulteriormente aggravato le sofferenze delle vittime e delle loro famiglie.
L’inchiesta rivela che molti dei decessi e delle malattie avrebbero potuto essere evitati se le autorità avessero agito tempestivamente. La sicurezza dei pazienti non è stata mai una priorità, portando a una tragedia di proporzioni inimmaginabili.
Lo scandalo del sangue infetto in Gran Bretagna è una macchia indelebile sulla storia della sanità britannica. Le autorità sapevano e hanno insabbiato la verità, lasciando che migliaia di persone soffrissero inutilmente. È una lezione che non deve mai essere dimenticata.
