Nel 2023 l’Italia ha registrato un drastico calo nella partecipazione ai programmi di screening oncologici gratuiti, causando la perdita di oltre 50mila diagnosi precoci di tumori e lesioni precancerose. Lo rileva l’ultimo report della Fondazione Gimbe, basato sui dati dell’Osservatorio nazionale screening. Solo il 43% degli invitati ha aderito, lasciando il 57% fuori dai percorsi di prevenzione. Particolarmente critiche le adesioni per i tumori al seno, alla cervice uterina e al colon-retto.
A destare maggiore preoccupazione è la profonda disparità territoriale: le regioni del Nord (in testa Trentino, Emilia-Romagna e Veneto) registrano i tassi di adesione più alti, mentre il Sud Italia continua a segnare ritardi significativi, con Campania, Sicilia e Calabria in fondo alla classifica. Questo squilibrio geografico compromette l’efficacia della prevenzione a livello nazionale.
La scarsa partecipazione agli screening ha conseguenze pesanti non solo sulla salute dei cittadini – con diagnosi tardive, trattamenti più invasivi e un aumento della mortalità – ma anche sulla sostenibilità economica del Servizio sanitario nazionale. Secondo Gimbe, una maggiore adesione avrebbe potuto evitare migliaia di decessi e ridurre significativamente i costi sanitari.
Il report lancia un appello urgente: è fondamentale investire nella promozione della cultura della prevenzione, ridurre le disuguaglianze e garantire un’adesione omogenea su tutto il territorio nazionale. Partecipare agli screening significa guadagnare tempo prezioso per la salute e migliorare la qualità della vita.